A metà agosto, in una giornata da 37 gradi, ho incontrato un amico arboricoltore, un tipo troppo riservato perché possa citarlo e che, per dargli un nome, chiamerò Luigi, come mio fratello. Chiacchiere leggere, da temperatura asfissiante, poi, entrati in redazione, ventilatore a manetta e discussione interessante sugli alberi. In primis quello centenario e monumentale, all’inizio del viale che porta alla nostra sede, che a breve dovrà essere abbattuto. «Certo che è una meraviglia quel Celtis (Celtis australis, comunemente detto bagolaro – Ndr)!» dice Luigi. Lui, in realtà, conosce bene le condizioni di quel Celtis perché l’analisi fitopatologica dell’albero l’ha fatta lui, e sa che il tronco ha una cavità interna di circa un metro e mezzo di diametro (!) e che la parte viva, che tiene in piedi 25 metri di pianta apparentemente sana, misura solo pochi centimetri... «Ha una chioma meravigliosa, è proprio bello» continua con un’espressione di simpatica sfida, fra l’ironico e il sarcastico. «Eh, lo so – dico io cogliendo la sua domanda a trabocchetto –- era il più bello di tutto il viale e tutti quelli a cui dico che verrà abbattuto mi guardano con aria stralunata, mi danno del pazzo e dicono di non abbatterlo… mi piacerebbe tenerlo, ma è pericoloso e la Soprintendenza ha dato l’ok a procedere». «Meno male –- sorride Luigi con aria confortata – non c’è alternativa e, da un momento all’altro potrebbe implodere, con rischi enormi per eventuali passanti e per la casa, a cui è troppo vicino». In questo periodo chi fa il suo mestiere è costantemente sotto pressione perché, a seguito dei danni causati dalle anomale condizioni meteo, viene chiamato tutti i giorni per valutare lo stato delle piante abbattute, o di altre ancora in piedi, delle quali bisogna comunque decidere il futuro. Quello che lui e altri tecnici come lui sanno è che le conseguenze degli eventi meteo degli ultimi anni sono paragonabili a quelle di veri e propri uragani, come quello che ad agosto ha colpito Milano e dintorni. Luigi mi racconta che «a fianco di un indicativo 50% di piante distrutte, risultate poi “malate”, un altro 25% era composto da piante oggetto di pratiche colturali scorrette, che vanno dalla preparazione di fondi inadeguati a sesti di impianto (la disposizione delle piante – Ndr) troppo fitti in relazione alle caratteristiche delle specie arboree impiegate, fino alle “potature di contenimento e conformazione” effettuate su conifere di prima grandezza (avete in mente quelle piante imponenti, che vengono potate come se fossero alberi di Natale? – Ndr). Ma – conclude Luigi – il restante 25% era composto da piante che non presentavano i sintomi tipici che evidenziano esemplari con problemi di stabilità». Da ignorante in materia, definirei queste ultime piante sane. Piante sane che sono state stroncate o abbattute cogliendo di sorpresa i tecnici stessi. A questo punto mi domando: chi, più di un professionista, è in grado di decidere dove e come intervenire sulle piante esistenti o su quelle che verranno piantate in futuro? Politici, comitati di quartiere, associazioni, privati… dovranno e potranno esprimere la propria opinione, ma per ridurre le conseguenze dei fenomeni meteo, sempre più frequenti, sarà meglio che si facciano ben consigliare da chi ne sa più di loro.
Pietro Greppi, Direttore
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