Giornata fredda, la brina crea luci bianche sull’erba gelata, la natura è ferma, rabbrividita, il sole c’è, ma non si sente. Dall’altra parte del mondo, in Nuova Zelanda, si disputa la prima giornata di regate fra il team New Zealand e Luna Rossa, due mostri di tecnica a vela che si giocano il più antico trofeo velico del mondo, la Coppa America. Memore delle notti insonni delle precedenti edizioni, in cui la lunga diretta televisiva mi metteva così tanta adrenalina in corpo da farmi prendere sonno quasi all’alba, ho optato per il metodo “non vedo e non sento nulla” fino alla replica della regata, dopo le 8 del mattino. D’altronde, cosa cambia se non conosci il risultato? Niente, tutto si è già svolto, ma non per te. E l’adrenalina prende vita: dopo la vittoria dei kiwi nella prima regata, gli italiani nella seconda la spuntano per sette secondi. Chissà come saranno andate le cose quando leggerete questo numero?! Ma cosa c’entrano i temi di questa rivista con la Coppa America? C’entrano, perché ci troviamo a un anno esatto dall’attacco della pandemia al nostro paese, che ci ha chiusi in un mondo diverso, in mezzo a limiti e a nuove privazioni. In questo contesto un evento sportivo appassionante ci dà l’occasione per volare dall’altra parte del pianeta, spettatori/protagonisti di un’avventura a 40-50 nodi sul pelo dell’acqua. In quel paio d’ore si dimentica tutto. Il virus, il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, le guerre e i conflitti, la violazione dei diritti umani ed anche ciò che non si è mai voluto affrontare: il dramma quotidiano di quel “Terzo mondo” che non ha dovuto attendere il Covid - 19 per guardare la morte in faccia. Chissà! Se è vero che nella sofferenza ci si trova uniti, questa è un’occasione più unica che rara per cominciare a combattere seriamente anche la morte per fame nel mondo. Pietro Greppi, direttore |