Ogni anno nei mari di tutto il mondo muoiono circa 300.000 cetacei a causa del bycatch, la cattura accessoria e accidentale con gli attrezzi da pesca. Balene, delfini e focene rimangono impigliate in reti lunghissime, che neppure i loro potenti sonar riescono a percepire, e la gran parte delle volte muoiono per soffocamento. Una strage silente e impunita, perpetrata in ogni angolo del pianeta e fra le principali cause del cattivo stato di salute di molte popolazioni di cetacei. È questo il grido di allarme lanciato dal WWF con la campagna "L'ultimo canto delle balene", che elenca fra le principali minacce per questi animali, oltre al bycatch, la collisione con le navi, l'inquinamento delle acque e i cambiamenti climatici. Nel mondo, si legge nel rapporto, «delle 86 specie di cetacei attualmente riconosciute, la IUCN classifica sei specie o popolazioni come in Pericolo Critico e almeno una di queste, il baiji, è stato recentemente dichiarato da alcuni scienziati “formalmente estinto" (…). Altre nove specie sono considerate in pericolo».  Fra i casi più eclatanti di bycatch nel mondo, troviamo nel Nord America la focena del Golfo della California, fra i piccoli cetacei il più minacciato da un'estinzione imminente, soprattutto a causa delle fitte maglie delle reti a tramaglio. Spostandosi in tutt'altre acque, si scopre che dal Mar Baltico fino al Mare del Nord vengono pescati accidentalmente il 6,2% degli individui presenti; una strage che i Paesi affacciati su questi mari vogliono ridurre dell'1,7% con un accordo comunitario. Il baycatch, infine, è visto come la principale minaccia per le 22 specie di cetacei che nuotano nelle acque delle Filippine, fra cui l'Ornella dell’Irrawaddy, di cui sopravvivono solo 70 esemplari. Il WWF sottolinea anche che, quando i piani di conservazione hanno lavorano efficacemente e per lungo tempo, sono stati raggiunti obiettivi importanti. Ne è un esempio la balena franca meridionale del Mare Antartico, protetta dal 1995 e ogni anno in aumento del 7%.